Poste riapre il Superbonus ma c’è la beffa: esclusi sei milioni di italiani all’estero
La beffa per Giulia, ragazza sarda che vive a Manchester ma ha un appartamento a Cagliari dov’è nata, arriva sotto forma di codicillo tecnico-bancario: non potrà cedere il suo credito SuperBonus alle Poste Italiane, l’unica “banca” in Italia a comprare i bonus fiscali al 110% incagliati. Lei, come altri 6 milioni di italiani in giro per il mondo, è stata esclusa dalle Poste, per il classico “intoppo” all’italiana, un minuscolo “comma” che fa cadere una tegola enorme su tantissimi emigrati.
Gli “Esodati da Superbonus 110”
Da inizio anno, tantissimi italiani sono finiti in un limbo: famiglie e privati cittadini che hanno iniziato lavori, anticipato decine di migliaia di euro, sulla promessa che poi sarebbero stati ripagati dallo Stato; e poi si sono ritrovati a metà del guado, coi lavori a metà, perché tutta la filiera edilizia si à ingolfata (impossibile trovare manovalanza e attese infinite per i materiali). Ma soprattutto si sono ritrovati in una palude finanziaria: nel frattempo che i cantieri erano fermi ,le banche hanno chiuso i rubinetti. Niente più acquisti di crediti da Superbonus. Il Governo Meloni, a inizio anno, ha poi messo la pietra tombale sul provvedimento: fine del credito fiscale al 110%, per tamponare i conti pubblici. E così una grossa fetta di paese, per un totale di 4,4 miliardi di euro di crediti bloccati, si è ritrovata a essere “esodata” del Superbonus: dovranno pagare di tasca loro il conto di lavori che lo Stato si era impegnato a rimborsare. Molti non hanno nemmeno sufficienti risparmi per liquidare le fatture da pagare.
Poste arriva in soccorso…
Ai primi di Ottobre 2023, Poste Italiane ha riacceso la speranza per tutti questi “esodati”. La società pubblica ha annunciato la riapertura dell’acquisto dei crediti incagliati del 110. E’ l’unica istituzione ad averlo fatto. E’ una mossa molto sensata: serve a sbloccar un impasse, aiuta a risolvere molti problemi di bilancio delle famiglie e a cascata anche di tantissimi artigiani e muratori, rimasti anche loro appesi ai pagamenti dei privati.
I requisiti per la cessione del credito sono stati pensati proprio per la platea delle persone comuni: solo privati cittadini; un massimo di 50mila euro (una soglia bassa, solo per finire lavori edilizi familiari); e costi pagati direttamente dalla persona (la cosiddetta prima cessione, per evitare speculazioni e partite di giro di intermediari).
….ma attenti all’inghippo
Per chi vive in Italia (e anche abbia sufficiente capienza fiscale), il problema dei crediti incagliati del Superbonus non c’è mai stato: lo si può detrarre in 5 anni dalla dichiarazione dei redditi. Il problema è per chi non un reddito da detrarre: chi è residente all’estero (perché iscritto all’AIRE), invece, non ha verosimilmente un reddito in Italia (ossia un imponibile Irpef), e anche se ce l’avesse, le tasse le paga comunque nel paese dove vive (e dunque non accumula Irpef), può solo cedere i crediti dei lavori edilizi di ristrutturazione: Superbonus ma anche EcoBonus e lavori straordinari, ciascuno acquistato con diverse percentuali di rimborso. Ma ecco la beffa: un emigrato non potrà beneficiare della finestra aperta da Poste, finestra che peraltro sarà anche l’ultima perché da gennaio 2024 non sarà più possibile cedere nulla (lo ha deciso il Governo di recente).
Per cedere il credito, infatti, serve anche avere un conto BancoPosta. A prima vista sembra solo una banale richiesta operativa: Poste dovrà rimborsare i cittadini e per farlo occorre un conto corrente dove di fatto versare la somma. Fin qui nulla di strano: per aprire un conto corrente BancoPosta, però, bisogna avere la residenza in Italia. Tutti gli emigrati all’estero, anche se proprietari di casa in Italia e anche se rispettosi di tutte gli altri requisiti, sono di fatto tagliati fuori.
Italiano all’estero? Niente BancoPosta per te
La burocrazia bancaria è un effetto collaterale, e imprevisto, delle regole che Poste si è data anni fa, quando ha lanciato il servizio di conti correnti. Ci sono però due osservazioni: non è vero in assoluto che un cittadino residente all’estero non possa aprire un conto corrente. Le altre banche italiane lo permettono: è dunque un “paletto” solo delle Poste. Ma soprattutto, l’azienda non ha previsto alcuna soluzione per evitare di escludere milioni di italiani: non è nemmeno possibile, infatti, usare un conto BancoPosta già esistente di un genitore o di un partente. Perché, altra regola ferrea, il conto dove Poste rimborsa il Superbonus deve essere per forza intestato alla medesima persona che cede il credito. Che debba esserci coincidenza, ha senso (per evitare frodi); ma per gli iscritti all’AIRE sarebbe stata una soluzione.
Oltre alla beffa, pure la (doppia) discriminazione
La rigidità di Poste penalizza una grossa fetta di cittadini italiani che sono emigrati: gli iscritti all’AIRE in tutto il mondo, nel 2021, erano 5,8 milioni (nel frattempo sono pure aumentati). Rappresentano il 10% del totale della popolazione dell’Italia: non è poco. L’esclusione è una beffa che finisce per avere pure il sapore della discriminazione perché tra i requisiti essenziali di Poste per la cessione del credito non figura la cittadinanza italiana (almeno stando alle informazioni contenute nel sito internet). Dunque, un cittadino straniero che abbia la residenza italiana e sia proprietario di una casa, può vedersi i lavori finanziati. Un cittadino italiano all’estero, ugualmente proprietario di casa, non può godere dello stesso trattamento.
La discriminazione è pure doppia perché mentre un residente in Italia, essendo obbligato a fare la dichiarazione dei redditi nel paese, può sempre in teoria usare la sua Irpef, un italiano residente all’estero può solo usufruire della cessione del credito, ma non potendo aprire un conto corrente con l’unica “banca” che oggi compra bonus fiscali, subisce un’ingiusta esclusione.
Ancora una volta, se mai ce ne fosse stato bisogno, il Superbonus 110 si conferma una buona idea in teoria, perché ha permesso di restaurare e valorizzare il patrimonio immobiliare nei centri storici, ma gestita all’italiana. Un disastro.
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