Fineco scappa dal Regno Unito. E’ per la Brexit? No, è per i pochi clienti (e la FCA)

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Fuori dalla stazione Monument della metropolitana di Londra, nel cuore della City e sotto la colonna che ricorda la fine del Great Fire del 1666, e che agli occhi di un italiano ricorda invece la Colonna Traiana (o Antonina) di Roma, 6 anni fa una mattina c’erano dei ragazzi con dei cartelloni. Nel gergo della pubblicità, e per i fanatici della serie tv MadMen, si chiamano “sandwich”: reclamizzavano la banca Fineco. L’azienda italiana sbarcava a Londra: era la prima banca tricolore in assoluto ad aprire sportelli (ancorché digitali) per la gente comune e offrire conti correnti.

Una Storia (tecnologica) Italiana

La storia di Fineco è emblematico: è stata la prima banca digitale italiana (partì nel 2001 senza sportelli, ma solo tramite telefono e internet), vero unicorno del paese nel fintech, quando ancora le due parole (unicorno e fintech) nemmeno esistevano. Partita sull’onda della “bolla” del Trading OnLine, scoperta dei risparmiatori italiani a fine Anni ’90, dopo la fine dell’era dei “Bot People” e grazie all’indispensabile avvento di internet, Fineco è poi negli anni diventata una grande banca per la gente comune, grazie a costi a zero, semplicità e funzionalità (a patto di non maneggiare troppi contanti, perché le filiali appunto non esistono). La banca italiana ha anche avuto molte vite: è nata sull’onda della New Economy, come costola di Bipop-Carire, a sua volta matrimonio tra due banche regionali di zone ricche (Brescia e Reggio Emilia), è stata per molto tempo in Italia l’unica banca davvero digitale in (la prima senza sportelli e solo via internet); poi finita dentro Unicredit e rivenduta durante la controversa e criticata gestione del francese Jean-Pierre Mustier; oggi indipendente (i principali azionisti sono i grandi fondi di gestione del risparmio BlackRock e Schroders).

De Bello Britannico

Dopo anni di costante crescita, senza clamori ma con numeri solidi, la banca guidata da Alessandro Foti, che fin dalla nascita è stato ininterrottamente al timone, decide una grande mossa internazionale, la prima nella sua storia. Nel 2017 sbarca nel Regno Unito: la mossa aveva molto senso strategico, per una banca commerciale che non ha bisogno di filiali e sportelli. Londra è la quinta città italiana per abitanti, con circa 300mila connazionali, e più in generale tutto il paese conta circa 700mila persone (la stima è ufficiosa). Una valanga di expat che ovviamente quando arriva nel paese deve aprire un conto in banca. E cosa c’è di meglio che sentirsi a casa, trovando una banca che viene dal tuo stesso paese? Purtroppo non è andata così.

La campagna pubblicitaria di Fineco, per lo sbarco nel Regno Unito

Addio a Londra: arriva la Finexit

A metà settembre, arriva la doccia fredda: con un scarna email, Fineco annuncia ai suoi correntisti che chiuderà la banca e i conti correnti che nell’immediato rimangono attivi: maggiori dettagli operativi saranno dati in corso d’opera.

Il messaggio inviato da Fineco ai suoi clienti in Inghilterra

Tutta colpa della odiosa Brexit, ha spiegato la banca nel dare la notizia. Qualche dubbio, però, che l’addio sia davvero dovuto all’uscita dalla Ue di Londra, viene:

  1. Fineco era entrata nel paese nel 2017, ossia un anno dopo l’ormai storico Referendum sulla Brexit. Dunque conosceva benissimo le difficoltà a cui sarebbe andata incontro. Diverso sarebbe stato, se la banca fosse entrata prima e poi si fosse trovata presa nella palude della Brexit. E’ peraltro arcinoto che tutte le banche avevano preparato fin dal 2016 dei contingency plan, piani di emergnza, per una eventuale Hard Brexit (come poi è avvenuto per il settore finanziario, mentre sul commercio è stato trovato un accordo). Dunque, Fineco sapeva a cosa andava incontro, con tutte le incertezze di in un paese che stava per uscire dal Mercato Unico.
  2. Al di là delle presunzioni, sempre soggettive, sono i numeri che raccontano una storia diversa: all’annuncio dell’addio dal paese, nel fine settimana del 16 Settembre 2023, la banca contava 20mila clienti, secondo quanto riportato da vari giornali (non smentiti). Peccato che 20mila fossero anche gli stessi di 2 anni prima, quando il Sole 24 Ore per primo sollevò la questione della Brexit per Fineco e l’impatto sui correntisti. Basandosi sui dati aziendali comunicati, negli ultimi 24 mesi la banca italiana non ha guadagnato mezzo correntista in più nel paese (al netto di chiuse e nuove aperture).
  3. A suo tempo, la banca, interpellata a proposito della Brexit, Fineco aveva rassicurato che non c’erano “rischi di un blocco dell’operatività per i clienti in Uk». In effetti era così: non cì sta en spe d orpaitv perchè Fin che dei di chiudere. Addossando la colpa, come ormai va di moda, alla uscita del Regno Unito. e per i conti correnti non esiste il principio del mercato unico. Anche se la banca è la stessa, in ogni paese i conti correnti. E peralltro un cletiano ancora oggi out aula usar carte italiane e spendere Euro dal pprrio conto italiano. Quello che non era un problema, lo è improvvisamente diventato.

Brexit? No, un flop

Lo sbarco di Fineco nel paese è stato un flop. La banca non ha sfondato, come numero di clienti che per una banca commerciale è fondamentale. E proprio qui sta forse il vero motivo della Finexit: se un’attività non cresce, la scelta più logica è chiuderla. Tanto più che i numeri di Fineco nel Regno Unito, oltre che fermi, erano pure marginali. La banca sventola sul proprio sito 1,4 milioni di correntisti: la filiale britannica era una briciola.

Se poi Fineco sperava di sfondare tra gli italiani emigrati oltremanica, che non sono pochi anche lì non è andata secondo gli auspici: dei già pochi 20mila clienti, solo il 15% (ossia circa 3mila) è italiano (stando agli ultimi dati disponibili). Insomma, la Campagna di Britannia è stata un insuccesso (un po’ come quella di Giulio Cesare duemila anni prima).

La sede della FCA (Financial Conduct Authority) a Londra

3) C’è poi una questione regolamentare: in tutti questi anni Fineco ha operato in UK senza una licenza bancaria britannica ma usando quella della Banca d’Italia. E’ un fenomeno abbastanza comune: Revolut, per esempio, opera in tutta Europa con una licenza bancaria della Lituania. Fineco aveva un permesso temporaneo in attesa della autorizzazione della FCA, la Consob inglese: ha operato nel Regno Unito per sei anni in attesa che arrivasse l’autorizzazione ufficiale. Ma la licenza non è mai arrivata, perché sul sito inglese di Fineco c’è scritto che ancora oggi la banca è in regime temporaneo. Questo ha pesato molto di più della Brexit. E il regime temporaneo cesserà a Dicembre 2023, ma nulla ha a che vedere con l’uscita dalla Ue perché la licenza bancaria per operare in UK ci vuole a prescindere. E nessuna banca può andare avanti in eterno con una licenza temporanea.

4) Ancora più inusuale è che, mentre la banca annuncia uscita da UK, sul sito inglese fino allo scorso mese c’era una campagna promozionale per aprire un nuovo conto entro il 30 Settembre 2023. Ancora a Ottobre inoltrato, il sito inglese di Fineco (www.uk.finecobank.com) appare “business as usual” come se nulla fosse successo. Non c’è nessuna traccia della futura chiusura, nè un avviso pubblico.

Se Fineco avesse avuto una base clienti più ampia e in crescita, avrebbe avuto tutto l’interesse ad avere una licenza bancaria a tutti gli effetti (che ha un costo elevato in termini di struttura di capitale) e avrebbe forse insistito con la FCA per averla. Senza dover incolpare la Brexit.

Bankitalia, Brexit, Fineco, Fintech, Revolut

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