ITA torna finalmente su London City: ecco a cosa serve una compagnia di bandiera
“Un paese ci vuole” scriveva Cesare Pavese nella Luna e i Falò, quasi un secolo fa. Adattando il concetto al mondo moderno, potremmo dire che “Una compagnia aerea di bandiera ci vuole”. Una nazione non può essere forte, sul piano internazionale, se non ha una forte compagnia aerea o, addirittura se non ce l’ha per niente.
E’ il caso dell’Italia, dove demagogia e populismo, quelli veri, sugli sprechi di Alitalia hanno fatto buttare acqua sporca e bambino: il paese ha lasciato fallire la sua compagnia “nazionale”, regalando di fatto il mercato aereo, e la strategia economica, a Ryanair: l’Italia è unica nazione tra quelli del G8 dove il ruolo essenziale di compagnia di bandiera lo copra una “Low Cost”.
Tre voli al giorno e un fiammante Airbus
Dalle ceneri della defunta Alitalia è nata la più piccola ITA, già destinata a essere maritata (ai tedeschi di Lufthansa). La nuova compagnia non aveva aerei per poter atterrare su London City Airport e per mantenere il diritto di volo sul piccolo ma strategico scalo cittadino sul Tamigi, vicino a Canary Wharf, lo aveva subappaltato alla German Airways e poi a una semisconosciuta compagnia inglese: un bagno di sangue, ITA volava costantemente in perdita.
Dopo anni di attesa, e alcune mosse dubbie, ITA finalmente lancia i suoi voli “proprietari” sul London City Airport. Londra, d’altronde, è troppo strategico per non essere presidiata da una compagnia con serie ambizioni. Un fiammante Airbus A220, il “nano” della serie (125 posti), con la carlinga dipinta nell’azzurro ITA, collegherà 3 volte al giorno Linate e il City Airport. Due vantaggi industriali per la società italiana: niente più appalto esterno; tutta la flotta è solo Airbus, molto più facile e meno costosa da gestire (la vecchia Alitalia era un minestrone di Boeing, Airbus ed Embraer).
Turismo e Politica Industriale di un paese
Una compagnia aerea di bandiera non è solo una compagnia, ma è anche la politica economica di un paese. Quella dell’Italia, negli ultimi 20 anni è stata inesistente, soprattutto sul turismo e sui trasporti (i secondi sono essenziali perché ci sia il primo). Alla fiera World Travel Market, il più grande appuntamento al mondo dell’industria dei viaggi, l’Italia, una volta tanto, era all’altezza del suo ruolo di paese più bello del mondo, nel turismo: un padiglione enorme, importante, che ospita tutte le Regioni. Il paese si è presentato compatto e con una notevole potenza di fuoco.
Svettavano sui dei mega schermi al led le immagini della controversa Venere di Botticelli in versione influencer alla Chiara Ferragni: in Italia la campagna ha suscitato un mare di inutili polemiche (perlopiù faziose perché il Governo Meloni non piace a prescindere). All’estero piace, tanto che in Cina ne faranno pure un videogioco.
Nonostante le polemiche e i problemi che l’assillano in patria, il Ministro del Turismo, Daniela Santanché, atterrata a Londra proprio sul primo volo inaugurale del nuovo aereo, svolge bene il suo ruolo istituzionale di promotrice del paese, auspicando che “il Turismo sia la prima industria dell’Italia”. E’ una bella frase da slogan che si ripete da decenni, sempre poco applicata. In questa occasione, però, alle parole hanno fatto seguito i fatti: l’ingresso in modo diretto nel Regno Unito e l’aumento dei voli tra Londra e Milano (ormai non solo una destinazione per gli uomini d’affari, ma anche per il turismo, coi laghi e lo sci d’Inverno) sono una mossa strategica per aumentare il cosiddetto “incoming”, il flusso di persone verso l’Italia.
Con più voli al girno, più lidnesi andranno a Milano e, grazie anche al recente abbassamento della soglia dei Duty Free (da 150 a 70 euro), si aspera che spenderanno di più, portando sterline all’economia italiana.
alitalia, Daniela Santanchè, ITA, turismo, Venere, World Travel Market, WTM