I laureati continuino a fare i camerieri a Londra: vince l’Italia invidiosa senza merito

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Elephant in the room” è un’espressione inglese per dire che c’è una questione rilevante che nessuno vuole o sa vedere. C’è un “elefante” anche nel nuovo Regime dei Rimpatriati, meglio noto come Rientro dei Cervelli: l’Italia taglia in drastico, dal 2024, i benefici fiscali per (tutti i dettagli nella puntata precedente di questo blog).

Il medesimo Governo Meloni, Don Abbondio sugli Extra-Profitti delle banche, dove ha fatto marcia indietro, è improvvisamente diventato rigido e inamovibile sugli emigrati: nonostante le pressioni e le tante voci contrarie alla riforma (in prima fila il senatore Matteo Renzi) per modificare la riforma che di fatto penalizza il rientro in Italia.

Una spiegazione che non regge

Ufficialmente, il motivo del provvedimento peggiorativo sono le regole Ue contro l’elusione fiscale delle grandi multinazionali. Insomma, per evitare che le aziende facciano le furbe, spostando dipendenti in giro per il mondo, si butta via l’acqua sporca col bambino. La spiegazione non regge: quante sono le truffe? Nessuno lo sa, non esiste un numero (forse perché sono poche). Strano, perché se fossero un numero rilevante, di sicuro il Governo lo avrebbe comunicato, non foss’altro che per avvalorare la bontà della sua decisione. Risultano rimpatriate 15mila persone l’anno scorso: se anche una quota del 10% avesse fatto il furbo, parliamo di numeri microscopici.

Le aziende con una sede in Italia, poi, al di là che siano multinazionali o no, sono tutte sostitute d’imposta: trattengono in busta paga le tasse dovute dal dipendente. Quindi, un’eventuale truffa sul Rientro dei Cervelli, non dà alcun beneficio a un’azienda, non sposta nulla sul suo bilancio.

Ma se il problema è davvero evitare i furbetti, la soluzione c’era ed era semplicissima: allungare il periodo minimo di emigrazione. Fino a oggi, bastavano 2 anni di residenza estera, davvero pochi. Sarebbe bastato estendere fino a 5 per evitare i presunti “giochini” delle multinazionali.

A pensar male si fa peccato…

Invece, il Governo ha smantellato di fatto tutto l’impianto della norma che era stato, giustamente, pensato per convincere, con un generoso incentivo, i giovani emigrati a rientrare. Perché? E’ una decisione incomprensibile e illogica. E allora tocca sconfinare nelle dietrologie. D’altronde, come diceva il mai troppo rimpianto “Divo Giulio”, a pensare male si fa peccato, ma spesso ci si prende.

  1. Per anni, Londra è stata il Big Employer, uno dei più grossi datori di lavoro, per i giovani italiani. Il Regno Unito assorbiva migliaia di disoccupati italiani che trovavano lavoro emigrando Oltremanica. Per l’Italia era una grossa valvola di sfogo: il paese si liberava di tanti senza lavoro, potenziali nuclei di tensione sociale. La maggior parte di questi giovani è andata a fare lavori umili, per i quali è over-qualified, sovra-titolata. Nei ristoranti di Londra, è pieno di camerieri e pizzaioli italiani, con laurea in tasca. Meglio che se ne stiano all’estero, dove non creano problemi e non vadano ad aumentare le file dei disoccupati a casa propria. L’Italia non li rivuole indietro: se n’è liberata a fatica (e non a malincuore come si vuole far credere). Perché un cameriere-laureato che se ne torna in Italia sarebbe un problema.
  2. L’Italia, come sistema paese, è allergica alla meritocrazia. Il merito è un virus pericoloso e, soprattutto, contagioso. Paradossalmente, questa constatazione vale ancor di più nelle aziende private di quelle pubbliche. Un giovane che abbia fatto esperienza all’estero ha potuto toccare con mano la distanza abissale del mondo del lavoro. Se tornasse in Italia non sarebbe più disposto ad accettare le distorsioni e la mentalità dentro le aziende. Magari inizierebbe a voler cambiare le cose, a fare paragoni con l’estero anche di fronti ad altri colleghi, a voler proporre modifiche e novità. Lo farebbe a fin di bene, perché gli viene spontaneo, essendosi abituato fuori d’Italia a un certo livello di efficienza. Agli occhi dell’azienda, invece, questo “cervello di rientro” sarebbe solo un fastidioso “RompiC*****”. In Italia ogni proposta, per non parlare delle critiche, viene visto solo come un fastidio o addirittura un sabotaggio. Le aziende non vogliono cambiare il loro modo “italico” di gestione, perché su quello si fonda il potere, né tollerano che qualcuno dica: “Il Re è nudo”. In un sistema così malato, un giovane che torna dall’estero con un bagaglio di conoscenze non è un’opportunità o un valore, ma solo un problema. Meglio, dunque, che non ritorni.

Vale sempre Platone

Dopo duemila anni, vale sempre il Mito della Caverna di Platone: chi è scappato dalla tana buia e ha visto la luce sa che nell’ombra si vive male. Ma quando torna a rilevare la verità, viene sbranato da quegli stessi che sono rimasti al buio, intolleranti alla “luce”. Dietro questa mossa sbagliata e suicida del paese, si intravede un male più profondo della società Italiana, peggiore della mancanza di meritocrazia: l’invidia sociale. Tutto il paese è roso nelle viscere da una velenosa rabbia verso chiunque “ce l’abbia fatta” in qualche modo (senza peraltro tenere conto dei sacrifici fatti per arrivarci).

Un importante personaggio, molto vicino al Governo, persona colta e preparata di cui non posso fare il nome, se n’è uscito con un commento di questo tenore: “Hanno fatto bene. Basta con queste c***** del Rientro dei Cervelli. Che vadano a lavorare (come se gli exptat non lavorassero) e si facciano apprezzare per il loro lavoro”, il tutto detto con un livore esagerato (e in un paese dove ogni anno l’evasione fiscale tocca i 100 miliardi di euro). Che chi parte sia una sorta di traditore della patria, e dunque se torna non merita nulla, figuriamoci gli incentivi, è opinione diffusa. Alimentata solo dall’invidia sociale, diffusa a tutti i livelli in un paese dove l’ascensore sociale è rotto da decenni.

L’unica conseguenza di questa mossa poco lungimirante non sarà quella di stanare i furbetti, e nemmeno quella di far recuperare soldi allo Stato, ma solo di azzerare il rientro dei giovani fuggiti all’estero. Mentre gli italiani più meritevoli scappano dall’Italia, e non si fa nulla per riprenderli, entrano a frotte immigrati clandestini, senza istruzione né competenze.

Tra 20 anni, non ci saranno più nemmeno cervelli da far emigrare, ma solo disperati.

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