Il curioso caso dell’Italian Bookshop a Londra. Lacrime di coccodrillo e solita colpa alla Brexit

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A inizio estate, la vita degli expat italiani a Londra è stata scombussolata da una triste notizia: l’unica libreria italiana della capitale inglese ha chiuso i battenti. Niente più libri nella lingua di Dante.

La morte è stata pompata dai media come l’ennesimo assassinio da parte della Brexit. La verità è un’altra.

Premessa: non guardo la tv da anni, e sono un accanito lettore. Ho centinaia di libri, a casa (che non so più dove mettere). Sono stato cliente assiduo della libreria italiana di Londra: avevo pure la tessera fedeltà. Mi mancavano due punti per avere uno sconto.

Ma il caso è stato beffardo. La libraia Ornella Tarantola ha dato l’annuncio con una email ai suoi clienti. La signora è stata suo malgrado trasformata in una martire dell’addio alla Ue, ennesima vittima degli scellerati inglesi.

Ecco uno dei tanti articoli che gridano alla Brexit come carnefice della libreria e della libraia.

https://www.bresciaoggi.it/argomenti/cultura/a-londra-chiude-l-italian-bookshop-di-ornella-tarantola-e-una-librexit-1.10115166

Primo distinguo: non è mai esistita una libreria italiana, in senso stretto, a Londra. Era solo una sezione di libri italiani, ospitata in un angusto sottoscala senza finestre, dentro a una più grande libreria internazionale.

La ormai ex libreria fa parte di un gruppo chiamato The European Bookshop che non ha nulla di italiano: ha sede a Cheltenham, nelle profonde campagne inglesi: è una casa editrice britannica, The European Schoolbooks, fondata nel 1947 dalla famiglia Preiss che tuttora ne è proprietaria. Negli Anni ’80, quando Londra inizia a riempirsi di immigrati da tutta Europa, la famiglia ha l’idea di aprire una libreria che venda solo romanzi in lingue straniere. E così lanciano una catena di marchi: il German Bookshop, il French Bookshop, il Portoguese Bookshop e anche l’Italian Bookshop.

Secondo distinguo: la libraia italiana, promossa addirittura “Direttrice” da alcune testate, non è mai stata la proprietaria del negozio, ma era la dipendente di una società inglese.

E’ solo il libero mercato, bellezza

La decisione di chiudere venuta dal proprietario: come tutte le imprese, nel bene o nel male, guarda ai profitti. E ha scelto di abbassare la saracinesca. In mezzo c’è finito anche l’Italian Bookshop. La notizia rattrista e danneggia indirettamente anche l’Italia, che perde un presidio di cultura, ma la storia della libraia vittima della crudele Inghilterra e della odiosa Brexit, costretta a chiudere il suo negozio, come una Piccola Fiammiferaia, è una ricostruzione “romantica” e un po’ faziosa, funzionale alla narrazione anti-inglese che da anni impera sui media europei.

L’Italian Bookshop era “italiano” per modo di dire. Se domani chiudesse Harrods, che vende tantissimi prodotti italiani, diremmo che chiude un negozio italiano? La chiusura, peraltro, è una notizia tutto sommato marginale, che al massimo interessa la comunità degli italiani che vivono tra South Kensington e Chelsea, perché uno che abita in Zona 3 o 4 di certo non si faceva 2 ore di viaggio per comprarsi un libro in italiano. Ma la vicenda è emblematica di come funziona la macchina dell’informazione.

Ancora una volta, quando si tratta di Inghilterra e di dare la colpa alla Brexit, i fatti vengono distorti per proporre una versione della realtà funzionale a una propaganda, a una narrazione che segue un’agenda politica o culturale.

Ecco la verità

Ricapitolando: sui giornali italiani si legge della chiusura dell’unica libreria italiana a Londra. Colpa della Brexit e degli inglesi sporchi, brutti e cattivi.

La realtà, invece, è che:

  1. La libreria non era italiana. Era una libreria internazionale, con una sezione italiana ospitata in un sottoscala senza finestre
  2. La libreria si chiamava The European Bookshop ed era un’azienda inglese, della famiglia Preiss. L’Italia non c’entra nulla se non per i prodotti venduti.
  3. L’intera azienda è fallita: è stata chiusa tutta la libreria e non solo la sezione italiana, ma nessuno è andato a indagare il motivo
  4. La società che gestiva queste librerie veniva da anni di crisi e difficoltà, ben prima della Brexit. Nel 2019, quando ancora UK non era uscita dalla Ue, già dichiarava alla Camera di Commercio inglese di essere una società dormiente, senza ricavi nè profitti o perdite. Un po’ strano.

Oltre alla manipolazione delle notizie, ormai una costante dopo che i cittadini inglesi hanno democraticamente scelto di lasciare l’Unione Europea, nel bene o nel male, il “Curioso Caso della Libreria Italiana” a Londra, che italiana non era, getta però anche una luce sull’Italia e sulla mentalità distorta del paese.

La sezione italiana dentro all’European Bookshop

L’importante è dare sempre la colpa alla Brexit

Le voci che si sono levate a denunciare la tragedia immane, colpa della scellerata decisione di uscire dalla Ue, sono arrivate da personaggi importanti, in grado di sostenere la sopravvivenza della libreria se lo volessero.  ma nessuno che abbia fatto qualcosa di concreto: l’Italia perde un presidio della sua cultura nel Regno Unito, allora questi kalagathoi italiani si muovano: una donazione, una raccolta fondi, un evento di sensibilizzazione. Invece, nulla. Solo lo slogan, ormai ritrito, della Brexit causa di tutti i mail del mondo.

Una Storia Semplice

Quella della ormai defunta libreria italiana a Londra è “Una Storia Semplice”, per citare appunto il titolo di un romanzo*: è stata solo una banale vittima, come tante, del libero mercato, regolato dalla antica ma implacabile legge della Domanda e dell’Offerta.

La medesima famiglia Preiss ha incolpato la Brexit per la chiusura, in un comunicato messo sul sito internet www.europeanbookshop.com ma è una scusa poco credibile: l’azienda andava male da molto prima. E a Londra stanno chiudendo tante librerie indipendenti, a prescindere dall’addio alla Ue.

Lo scorso dicembre, per esempio, ha chiuso i battenti l’altrettanto storica Al Saqi Bookshop: era la più grande libreria medio-orientale di tutta Europa. La popolazione di lingua araba a Londra è più numerosa di quella europea, e per loro non c’è mai stata la Brexit. Eppure ha chiuso lo stesso. Perché? Perché le librerie tradizionali e indipendenti sono tutte travolta dal ciclone Amazon e da Internet, dove la gente ordina i libri.

La bella e storica libreria Al Saqi ha chiuso nel 2022, e non per colpa della Brexit

E’ inutile cercare fantomatiche e sensazionalistiche colpe: la libreria italiana di Londra ha chiuso perché non vendeva abbastanza e, come succede per ogni attività economica, se non vendi più dei costi, chiudi. Ma ovviamente imputare la morte alla Brexit, che gratifica il vittimismo italico e alimenta la macchina della propaganda anti-britannica (sia mai che agli italiani venga la voglia di uscire dalla Ue), era occasione troppo ghiotta.

Il vero scandalo, semmai, è che l’unica libreria italiana, un avamposto della nostra cultura nel Regno Unito, fosse una iniziativa inglese. Nessuno italiano ha mai pensato di aprire un negozio di libri a Londra. Però poi tutti piangono se la libreria chiude. Di fronte alle lacrime di coccodrillo dei tanti intellettuali, torna in mente la famosa, e volgare, frase del finanziere Stefano Ricucci: “Sono tuti bravi a fare i f… con il c… degli altri”.

In tutta questa amara “Commedia degli Errori” chi ci rimette è la dipendente italiana che ha perso il posto di lavoro. Se i tanti Robespierre che si sono indignati per la scomparsa del negozio fossero stati clienti più assidui, o avessero sostenuto il negozio non solo a parole, l’Italian Bookshop non avrebbe chiuso.

Ma l’Italia, erede del pietismo cristiano e del feudalesimo medievale, ha una idiosincrasia con l’idea economica di Mercato e soprattutto del libero mercato.

* “Una Storia Semplice” è un famoso giallo di Leonardo Sciascia

Brexit, European Bookshop, Italian Bookshop

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