I Marmi del Partenone? Lasciateli a Londra. La restituzione è solo ideologia “woke”

Ogni anno più di 20 milioni di persone varcano l’ingresso neoclassico del British Museum, sotto le immense colonne corinzie: prima tutti rimangono a bocca aperta all’avveniristica tettoia gigante di alluminio e vetro. E poi tutti vanno a visitare le due attrazioni principali del museo: i Marmi del Partenone, le mummie dei Faraoni d’Egitto e la stele di Rosetta. Sono più visitatori in un solo museo che sette paesi Ue messi insieme.
Ma a breve, forse già dalla prossima Pasqua, la folla di turisti che affluirà dentro al museo potrebbe avere un’amara sorpresa: non troveranno più i famosi fregi di Fidia, capolavoro dell’umanità e il pezzo più pregiato del British Museum.
Furto o Acquisto?
La notizia dell’anno, anche se l’anno è iniziato da due mesi, è che George Osborne – l’attuale presidente del British Museum – è vicino a dare in prestito i Marmi ad Atene. Il Museo sta apparentemente perseguendo una “partnership del Partenone” con il governo greco che ultimamente ha invitato molti parlamentari ad Atene. Questo tipo di diplomazia morbida riflette un recente cambiamento nell’approccio del governo greco, a seguito del suo fallimento nel contestare legalmente la proprietà dei Marmi da parte del Museo, nonostante anche una campagna filogreca di George Clooney, che come molti vip ama fare l’attivista per il bene del mondo.
I Marmi di Elgin, come i fregi del Partenone sono chiamati nel Regno Unito in ossequio al loro nazionalismo, furono trafugati e saccheggiati da Lord Elgin, è l’argomento che da sempre avanzano, tra molti applausi.

Gli inglesi, però, non rubarono un bel niente: l’ammiraglio Elgin, accusato di aver rimosso i marmi, trattò tutto con l’Impero Ottomano che allora comandava la Grecia. Non portò via nottetempo l’opera d’arte all’insaputa di tutti. E i Greci non è che fossero stati fino ad allora questi attenti e impeccabili custodi del loro passato: quando arrivarono gli inglesi, i marmi erano in pessime condizioni, la maggior parte persa e distrutta nel corso dei secoli. Quando Elgin andò a rimuovere i fregi, quei marmi venivano da secoli danneggiati e vandalizzati a un ritmo allarmante. La pretesa greca, poi, di una continuità tra lo stato ellenico moderno e l’età di Pericle è tanto assurda quanto l’Egitto moderno che afferma di discendere dai faraoni, o la propensione di Saddam Hussein a immaginarsi con i re dell’antica Babilonia.
Il caso dell’Italia
Al di là delle speculazioni filosofiche, c’è però un problema giuridico, alla base di qualsiasi accordo, ha argomentato il commentatore inglese William Atkinsons: la riluttanza del governo greco a riconoscere la proprietà legale del museo. Cosa non da poco, perché il British Museum Act del 1963 gli impedisce di cedere oggetti in suo possesso. Quindi, qualsiasi accordo sarebbe, de juret e de faco, una cessione, ossia una violazione della legge che regola il museo inglese.
E proprio l’Italia ha dimostrato di recente come in Grecia abbiano un’idea curiosa di “prestito”. Un museo siciliano ha recentemente ha “prestato” il famoso “Frammento Fagan”, proprio del Partenone, al Museo dell’Acropoli: in teoria il prestito è per otto anni. Ma Atene ha subito fatto sapere che il prestito sarà per sempre. Il caso italiano fa sospettare fortemente gli inglesi che un eventuale prestito dei marmi in Grecia significherà che non torneranno mai più.
Una restituzione solo propagandistica
Il ritorno in Grecia dei Marmi nasconde, ancora una volta, la pericolosa ideologia “woke” che in nome del buonismo, in questo caso un presunto colonialismo. Non ci sarebbe nessun reale beneficio per il capolavoro dello scultore Fidia dal trasloco da Londra ad Atene: la natura dei marmi è cambiata quando sono stati rimossi dal Partenone. Vero è che all’inizio Lord Elgin voleva le sculture per abbellire la sua villa scozzese, ma dal 1816 sono conservate al British Museum che le ha prese regolarmente e legalmente (un po’ come la vicenda del Lisippo italiano al Getty Museum di Miami). Restituire i marmi alla Grecia non porterà a una “riunificazione”, anche fisica, con il Partenone dove erano originariamente collocate. I fregi sarebbero semplicemente spostati da un museo all’altro. Tanto vale che rimangano al British Museum, dove possono godere di più visitatori e visibilità. Dalle 21 milioni di persone del museo inglese agli appena 6 milioni di Atene. Nel 1749, un viaggiatore disegnò 12 figure nel frontone ovest del Partenone; nel 1800, poco prima dell’arrivo di Elgin, ne erano rimaste solo quattro. Quanto sarebbe sopravvissuto oggi dei marmi del Partenone, se il “cattivo” Elgin non avesse preso le sculture? Altro che rubato, la verità scomoda è che gli inglesi hanno salvato un patrimonio dell’umanità dalla rovina e dall’incuria.
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