L’Arabia Saudita prenota il super caccia militare italo-inglese Tempest?

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All’ingresso del gigantesco Salone DSEI di Londra, la più grande fiera della Difesa e armamenti ospitata ogni anno dentro il centro congressi Excel, affacciato sui docks, quest’anno il benvenuto lo dà un modellino ruotante del Tempest, il futuro caccia di sesta generazione, l’evoluzione degli F-35.

L’aereo, nome ufficiale GCAP (Global Combat Air Programme), è il più grande progetto militare che l’Europa abbia messo in piedi da sempre: Bae Systems, l’italiana Leonardo (ex Finmeccanica), gli svedesi della SAAB e da ultimo la giapponese Mitsubishi.

L’interesse di Riyhad

Questo futuribile caccia (collegato a un sistema di radar e droni, controllabile anche da terra senza pilota) ancora non esiste, e non ci sarà ancora per molti anni, ma pare ci sia già un acquirente: l’Arabia Saudita di Mohammed Bin Salman, ricco di capitali ma povera di tecnologie e mezzi militari. Il contrario dell’Europa che invece ha il progetto e le tecnologie per farlo ma ha bisogno di capitali perché costruire da zero un aereo militare che sia lo standard del futuro costa molti miliardi che pesano sui conti pubblici (e dunque dei contribuenti).

A Londra, in occasione della fiera, è volato il Ministro della Difesa Guido Crosetto per un vertice trilaterale con il suo omonimo inglese, Grant Shapps, da pochi giorni sbarcato al dicastero della Difesa, dopo la defenestrazione del veterano Ben Wallace, e il collega giapponese, per accordarsi sulle varie tappe di costruzione del Tempest.

Lo stand espositivo del caccia Gcap, più noto al pubblico come “Tempest”

Anche Francia e Germania vogliono farsi il loro aereo militare di sesta generazione, ma il loro progetto è molto più indietro, tanto che ancora non ne esiste nemmeno un modellino, ed è probabile che possa essere abbandonato per confluire nel Tempest Anglo-Italiano (i giapponesi si sono unito a cavallo in corsa).

Un progetto di lunga durata

Ci vorranno almeno 13 anni prima di vedere forse un primo caccia GCAP volare. Per ora siamo ancora nella fase di pre- progetto ma è anche quella più cruciale: la pianificazione degli investimenti e sopra la suddivisione degli appalti e della costruzione delle varie parti, dove ciascun paese fornirà le sue competenze (Gran Bretagna probabilmente motori e meccanica; l’Italia avionica e sistemi tecnologici; il Giappone coi motori).

La costruzione di un sistema militare Difesa così complesso si porta dietro ricerca e innovazione tecnologica “civile” (la stessa Internet era nata come una rete di comunicazione a uso militare) e l’indotto, che significa dunque posti di lavoro in ogni paese.

Ma proprio per mettere in moto una macchina complessa e costosa servono molti finanziamenti iniziali, senza alcun ritorno immediato: un costo peraltro che si presta a critiche di sperpero di denaro pubblico, dalle cerchie intellettuali che sostengono il disarmo e il pacifismo. Ecco che allora spunta l’ipotesi dei sauditi: indiscrezioni dei media stranieri riferiscono di un interesse del Governo di Riyhad per il caccia. E come succede per il mercato delle case, dove si usa comprare nuovi edifici sulla carta, prima ancora che siano state costruire, e anzi è un modo con cui le imprese edili si auto-finanziano, chissà che l’Arabia non possa “prenotare” con molti anni di anticipo il caccia del futuro.

Peraltro sia il Regno Unito sia l’Italia vantano un canale diretto con il regno saudita: la compianta Regina Elisabetta aveva incontrato MBS anni fa e proprio il mese scorso il Regno Unito ha diramato un invito ufficiale al Principe Ereditario a visitare il paese e incontrare il nuovo sovrano Re Carlo. Roma, invece, può contare sul forte legame dell’ex primo ministro Matteo Renzi con il medesimo MBS.

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